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Dalla Green alla Blue economy


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Adesso che ho cominciato a prendere gusto nel pubblicare discussioni chi mi ferma più??:lol: Spero che quest'articolo vi piaccia miei fratelli e sorelle!

Di certo sapete cos'è la green economy, cioè un'economia che mette sullo stesso piatto della bilancia la salvaguardia dell'ambiente e il profitto che essa può ottenere. Ma avete mai sentito parlare di blue economy? Io mi ci sono imbattuta tempo fa in un quotidiano e devo dire che mi ha fatto una buonissima impressione!

La blue economy, per dare una definizione essenziale, è un'economia che si ispira ai cicli della Natura (biomimesi), secondo i quali ogni cosa che viene prodotta ha un suo scopo (di conseguenza lo "scarto" non esiste più, ogni cosa deve essere riutilizzata fino alla fine). Come spiega Gunter Pauli, l'imprenditore ed economista belga che l'ha ideata, la green economy non sta funzionando, specialmente in questo periodo di crisi dove le aziende non possono più permettersi di sovvenzionare le energie verdi e i consumatori non possono comprare prodotti ecologici meno competitivi sul mercato e via via sempre più costosi. La sua non è una critica, ma un modo per ricercare un'azione combinata di sviluppo dell'economia e tutela dell'ambiente che dia migliori risultati. L'economista afferma che le 100 innovazioni illustrate nel suo libro "Blue Economy", hanno già creato circa 20.000 posti di lavoro. Pauli riporta a testimonianza di ciò un'esperienza personale che gli ha fatto capire come biodegradabilità e rinnovabilità non equivalessero a sostenibilità. All'inizio l'imprenditore lavorava con un'industria che produceva detergenti biodegradabili, sfruttando l'olio di palma al posto dei tensioattivi petrolchimici. Ci fu un'impennata della domanda, ma ciò sfortunamente portò molti coltivatori dell'Indonesia a distruggere distese della foresta pluviale per sostituirle alle colture di palma. E' evidente come il cambiamento debba partire dalle regole che governano l'economia globale e determinare un approccio più naturale. Qualche esempio? Coltivare funghi sui fondi di caffè; usare un cellulare senza batteria che sfrutta il calore prodotto dal corpo e le vibrazioni della voce umana; imitare i sistemi di raccolta dell’acqua di un coleottero per ridurre il riscaldamento globale; sostituire le lame in metallo dei rasoi “usa e getta” con fili di seta; trasformare i rifiuti alimentari, grazie alla presenza di un amido, in plastica. E queste che vi ho appena elencato sono tutte invenzioni testate, seppur su scala locale e in attesa di entrare nel circuito commerciale mondiale.

Quindi, riassumendo, i pilastri della blue economy sono quattro:

1- Fare business;

2- Utilizzare prodotti e servizi senza sfruttamento disumano della manodopera;

3- Non utilizzare sostanze tossiche nei processi e nei materiali;

4- Non produrre inquinamento.

 

Infine vi riporto le parole pronunciate dallo stesso Gunter Pauli in un'intervista, così chiare ed evidenti che mi sembrava inutile rielabolarle:

 

D : Il modo di agire della natura implica collaborazione tra diverse specie per arrivare a un traguardo comune, tutti contribuiscono facendo ciò che sanno fare meglio… bella rivoluzione “culturale” per il modo di pensare tipico delle nostre società… Dobbiamo proprio buttare tutta la nostra civiltà?

R : La società attuale potrebbe essere migliore di quanto abbiamo mai immaginato, ma finché basiamo la nostra logica economica su risorse finite, faremo della povertà l’unica componente sostenibile della società! Come possiamo continuare ad accettare tutto ciò? La povertà non esiste in natura, negli ecosistemi ognuno ha la propria mansione. Un economista può forse pensare che la piena occupazione non abbia senso... ma direi che neppure una disoccupazione mondiale del 25% e oltre un miliardo di affamati e senz’acqua ha senso!

Quindi non c'è bisogno di criticare ciò che abbiamo fatto o che cosa è andato storto in passato, dobbiamo concentrarci su come possiamo fare meglio, anzi, molto meglio. [ FONT: www.puntosostenibile.it ; www.edizioniambiente.it ]

 

Spero proprio che questa economia ingrani al più presto e che altro dire... ancora una volta è la nostra madre natura a salvarci! :)

 

 

 

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Grazie dell'articolo Wilde,che ho trovato molto costruttivo e interessante!

Il mio punto di vista in merito è quello dello speranzoso sostenitore di queste "ciclicità" che porterebbero senza ombra di dubbio una "botta di vita" nell'economia sì del business..ma anche del preservare l'ambiente e creare nuovi posti di lavoro.

C'è purtroppo un problema,quello delle lobby che fanno il bello e cattivo tempo solo per interessi propri infischiandosi di alternative valide a meno che non ne traggano profitto esse stesse,temo che già in passato abbiano trovato il modo di mettere da parte chi si faceva "alfiere di nuove proposte"nonostante le premesse vantaggiose non solo per l'oligarchia dei pochi ma per tutti.

Siccome non ci si deve scoraggiare e ribadendo altre sì l'opinione che se lo vogliamo tutto è possibile,spezzo una lancia in favore di chi vuole voltare pagina proponendo innovazioni che farebbero progredire in meglio l'equilibrio minato troppo a lungo dall'essere umano,per fortuna non tutti sono del parere che civiltà vuol dire sacrificare l'ambiente,ma il senso stesso di civiltà sta nel portare migliorie prima di tutto intelligenti e non autodistruttive ed è in parte confortevole leggere che individui aventi una certa posizione nel ramo dell'economia inizino a valutare quale strada prendere.

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davvero un articolo interessante!

Non sapevo che esistesse la Blue economy, credo che comprerò il libro, perchè dev'essere interessante.

Spero proprio che questa iniziativa prenda piede...sarebbe bellissimo se tutti noi, se il mondo intero, girasse rispettando i cicli naturali... e magari guadagnandoci anche! :)

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Buon giorno,

 

un bel articolo. Che mi ha fatto pensare alle quattro regole fondamentali: pensate a come consumiamo oggi e come consumavamo in nostri avi una volta: senza andare troppo lontano, prima del boom economico in italia (1970 circa) le "economie locali" erano piuttosto povere ma ogni cosa aveva un posto ed uno scopo: anche lo sfruttamento delle risorse era ponderato e soprattutto le economie erano "futuriste" cioè erano calibrate anche per utilizzi futuri.

Sembra incredibile ma non sembra che poi queste 4 regole siano una grande novità od una grande scoperta ma sono qualcosa di già inventato ed anzi già applicato....

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@ Pidav : Hai proprio ragione queste 4 regole non hanno in loro niente di innovativo, puntano a migliorare ciò che è stato già fatto, come dice lo stesso Gunter Pauli.

 

Vi riporto alcuni esempi pratici di alcune delle proposte "blue" così avrete le idee più chiare:

 

- Telefoni cellulari senza batteria che si ricaricano con la sola temperatura del corpo;

- Riutilizzo del vetro in materiali di costruzione;

- Uso dei piloni dell’alta tensione per sfruttare il vento;

- Riutilizzo dei residui di caffè su cui possono crescere milioni di tonnellate di funghi, offrendo lavoro a 50 milioni di persone;

- Adesivi derivati dall’amido vegetale e perfettamente efficaci;

- Un nuovo tipo di pacemaker senza batterie (solitamente difficili da riciclare) che funziona sfruttando la temperatura corporea e la pressione generata dalla voce;

- Imitare i sistemi di raccolta dell’acqua di un coleottero per ridurre il riscaldamento globale;

- L’uso della la seta dei ragni Nephila (che pare sia più forte del titanio) e che viene già impiegata per le suture delle operazioni chirurgiche;

- Sostituzione delle lame in metallo dei rasoi “usa e getta” con fili di seta;

- Antibiotici con nessun antibiotico;

- Un sistema denominato “Vortex” per la pulizia naturale delle acque.

 

Non voglio elencarvele tutte però vi assicuro che sono molto interessanti...per chi si fosse incuriosito il libro è facilmente reperibile in Internet! :)

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- Riutilizzo del vetro in materiali di costruzione;

 

Io lavoro il vetro come mestiere, a tonnellate. E infatti abbiamo una buca dove buttare tutti il vetro residuo che verrà poi riutilizzato per creare bottiglie o oggetti di consumo poco rilevanti nel suo valore. E la trovo veramente importante questa cosa, così come utilizziamo sempre la stessa acqua per lavorare il vetro, grazie a un depuratore che elimina le impurità in un grosso sacco di juta (si scrive cosi?) che viene poi smaltito da un azienda apposita.

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@ .: Neytiri :. grazie di aver riportato la tua esperienza, ciò che hai scritto mi rincuora!

 

@ Ikrana : Allora, ciò che so per certo è che il sistema "vortex" è stato già provato e probabilmente non si discosterà molto dal punto di vista tecnico da quello descritto da .: Neytiri :. . Per i residui di caffé usati come concime naturale non sono sicura, so solo che Pauli disse che questi funghi sono richiestissimi in Cina e quindi se la cosa prendesse piede fornirebbe tantissimi posti di lavoro. E' vero anche che esistono adesivi derivati da un amido vegetale e la prima azienda a fare il grande passo è stata la tedesca Henkel. Per quanto riguarda i fili di seta usati come rasoio sono sicura che siano una pratica antichissima e se non erro dovrebbe essere partita dalla Cina.

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  • 1 mese dopo...

Il termine "blue economy" se l'è inventato un economista belga, Gunter Pauli, membro del Club di Roma e fondatore di Zero Emission Iniziative, un network internazionale che raccoglie più di tre mila scienziati impegnati nello sviluppo di modelli economici compatibili con la riduzione dell'impatto ambientale, ma soprattutto competitivi. Il succo della sostenibilità globale sta proprio qui: mettere le basi per un'economia attenta a tutto il processo e alle ricadute di ogni singolo passaggio. Un vero business che rispetti però le persone, l'ambiente e il futuro di noi tutti.

 

Un esempio che Pauli porta per spiegare la differenza tra green e la blue economy è quello dei detersivi biodegradabili. Anni fa alcune aziende innovatrici iniziarono a sostituire i tensioattivi petrolchimici con ingredienti biodegradabili, gli acidi grassi dell'olio di palma. Ben presto tutti i produttori maggiori cavalcarono la biodegradabilità. Risultato: enormi aree di foresta pluviale sono state convertite a colture intensive di palme da olio, facendo fuori l'habitat dell'orango, dello scimpanzé di moltissime altre specie, che in pochi anni sono diventate a rischio di estinzione. A dimostrazione che non sempre biodegradabilità e rinnovabilità equivalgono sostenibilità globale. Stesso discorso per la mobilità green: oggi assistiamo alla corsa verso l'automobile elettrica, che localmente produce zero emissioni. Ma se poi produciamo l'elettricità necessaria bruciando carbone da qualche altra parte, abbiamo spostato altrove il problema, senza risolverlo.

 

Ma non basta: al momento, fabbricare un auto ibrida comporta l'utilizzo di 30 milioni di chilocalorie, giusto quello che un mega fuoristrada come la Hummer brucia circolando per 70 mila chilometri. Quindi chi si pavoneggia nelle nostre città di un mezzo "pulito" in realtà, nel momento in cui per la prima volta ci si siede al volante, ha già sporcato come un magnate russo a spasso per anni sul suo pacchiano super gippone.

 

Quindi il green alla fin fine fa male all'ambiente? Mica è detto!

 

Prendiamo per esempio il mercato degli adesivi: non una nicchia, visto che la domanda mondiale di adesivi e sigillanti genera un giro di affari di circa 50 miliardi di dollari l'anno. In un settore dominato da multinazionali ci sono centinaia di colle e adesivi, quasi tutti più o meno tossici e dannosi per l'ambiente. Eppure un colosso come la tedesca Henkel, che ha marchi noti a tutti come Dixan, Nelsen, BioPresto, Perlana e Sidol ha iniziato a commercializzare adesivi derivati dall'amido vegetale e perfettamente efficaci. E c'è spazio anche per altre soluzione globalmente sostenibili: basta guardare alla natura. Alle vespe che attraverso la digestione di frammenti di legno producono da sempre strutture robustissime. O ai cirripedi, i "denti di cane" che ci va per mare conosce benissimo: mai provato a staccarli da una chiglia? Insomma, la natura è piena di soluzioni che tocca ai leader di mercato sperimentare, cominciando a muoversi fuori dal coro senza perdere di vista il business. Per cercare di capire da chi e da cosa partire per accelerare il cammino verso la blue economy, sentiamo il professore Paolo fabbri, docente di Economia dell'Ambiente all'Università di Parma e già assessore all'Ambiente della Provincia di Bologna.

 

E' proprio vero che in economia non ci sono pasti gratis e che consumare significa far danni all'ambiente?

In economia come in medicina c'è sempre una cosa che dà vantaggi ma che va a scapito dell'altra. Il mestiere degli economisti dovrebbe essere però quello di studiare l'equilibrio tra costi e opportunità e dare poi indicazioni ai politici.

 

E i politici vi danno retta?

Un momento, ho detto "dovrebbe". La gran parte degli economisti in realtà ha abbandonato questo mestiere e si orienta su quel che va di moda al momento.

 

Però, per esempio nel caso della mobilità elettrica, qualcosa si sta muovendo..

L'auto elettrica è magnifica, in quanto produce zero emissioni. Lì, però, nel luogo dove circola, ma dove va a prendere l'energia che le serve? Lo stesso vale per l'energia solare, pure quella a emissioni zero: ma siamo sicuri che la filiera di produzione sia davvero sostenibile, che sostituire colture a uso alimentare con campi fotovoltaici sia una buona idea? E lo smaltimento dei pannelli?

 

Sarà un caso, ma su questo ho appena fatto fare un articolo apposta..

Dicevo appunto che in quasi tutte le scelte economiche manca una visione globale dell'ammontare del consumo del Pianeta, con i consumi inevitabilmente riservati in gran parte ai paesi ricchi. Così a volte, come nel caso della conversazione in Argentina dell'agricoltura mais per biodiesel, che è stata oggetto della tesi di una mia studentessa, si va contro il concetto di autosufficienza alimentare.

 

Dunque l'economia non guarda al domani?

Si, ma troppo spesso anche la politica economica non è in grado di determinare scelte di sviluppo a lungo periodo.

 

Una sorta di governo del mondo sui temi sostenibilità globale aiuterebbe?

C'è una coscienza diffusa, che pesa di più se riesce a diventare coscienza sociale a livello del singolo consumatore. Ma è un processo lungo: per dire, in Svizzera tu stesso non butterai mai una cartaccia per terra, poi passi il confine e.. Perchè le scelte de consumatore pesano sul mercato e sulle scelte delle aziende, ma occorre almeno una generazione per cambiarle. Pensi solo alla pasta al dente e a come la si mangiava fino a pochi anni fa in Gran Bretagna e Stati Uniti. Poi ci sono gli esempi opposti, tipo fast food: una "cultura" alimentare estranea ai nostri padri e che per affermarsi da noi anche in questo caso ci ha messo una generazione. Noi non ci sogneremmo mai di fare la coda per un hamburger unto ficcato dentro un panino molliccio, mentre per i nostri figli è un must.

 

Fast food a parte, le decisioni prese a livello internazionale aiutano ad accelerare il processo?

Su questi temi credo che la programmazione conti poco: per esempio gli impegni europei di Lisbona noti come 20-20.20 (20% in meno di emissioni entro il 2020 e 20% in più di energie rinnovabili e risparmio energetico) vedono in realtà i singoli Paesi che fanno di tutto per sabotare gli accordi, in difesa dei propri interessi del momento. Lo stesso si può dire con il summit di Copenhagen dello scorso anno, in cui si sono rimandati i vincoli del dopo-Kioto. I numeri di questi incontri ci dicono solo le volte in cui si è fallito. Nonostante questo, le industrie ne hanno fatto di strada, sia per unità di anidride carbonica emesse, sia per unità di energia per miliardo di PIL. Inoltre consola il fatto che si stanno incamminando in direzione di una "no carbon economy" i colossi emergenti come Cina e India.

 

La Cina, già. Là però c'è un partito unico che determina la direzione di marcia: l'unica via è quella?

Già negli anni 80-90 ci fu il paradosso delle cosiddette Tigri Asiatiche (Taiwan, Singapore, Hong Kong e Corea) e si sono scritti ponderosi volumi sulla possibilità di uno sviluppo economico senza una democrazia politica. Questo deve darci da pensare e temo che questo apparente paradosso si ponga ora con la green economy e con la sostenibilità, con noi occidentali che facciamo fatica a guidarlo.

 

E ora in occidente la politica ha la vista corta, giusto?

Scenari pianificati, cammini di marcia, obbiettivi strategici. Sono questioni che la sola economia di mercato non è in grado di risolvere. Chi lo sostenesse verrebbe bocciato all'esame di Economia 1: le risorse non possono essere valutate e correttamente scambiate dal solo mercato. Come dire, sui quadrati non si applica il teorema di Pitagora. La sensazione è che non ci sia più il manovratore, mentre ora più che mai serve la politica per non far danni e al tempo stesso competere. Ma purtroppo "politica" sembra diventata una parolaccia, alla faccia di Aristotele, per il quale era la cosa più nobile che che ci sia, il fine stesso della vita etica.

 

Articolo curato da: Marco Gatti

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Grazie mille .: Neytiri :. per il tuo articolo!!! Come non essere d'accordo con quello che dice questo professore universitario? Molto puntuale e preciso, specie quando parla di una "coscienza diffusa" riguardo al rispetto dell'ambiente. Avendo dei parenti in Svizzera posso confermare che è così: le cartacce non si buttano in terra e se lo fai devi aspettarti le peggio ingiurie o addirittura una multa se ti vedono i poliziotti. Non so quanto ci vorrà ancora perché questo comune sentire arrivi anche agli italiani... è una questione che riguarda tutta la mentalità di un popolo (indipendentemente da nord e sud) e soprattutto riguarda l'etica. Cos'è bene e cos'è male? Molti non se lo chiedono, facendo ricadere sui posteri le responsabilità dei loro atti scellerati.
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Io sono stato in ferie in Svizzera e posso confermare che subito dopo la dogana, ci siamo fermati al primo Autogrill ma parliamo di un chilometro, vicinissimo all'Italia.

 

Posso dire che vicino a ogni entrata e porta scorrevole c'erano diversi cestini dove buttare i mozziconi di sigaretta, e quando arrivai a destinazione.. il solo buttare il mozzicone per terra mi faceva sentire altamente fuoriluogo. Noi non arriveremo mai a un rispetto simile.

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Complimenti per l'articolo, e grazie per averlo condiviso con noi. 😊

Concordo con quello che hai scritto, e confermo anche su quello che avviene in Svizzera.

Purtroppo in Italia il concetto di rispetto per l'ambiente è abbastanza diverso da quello dei cittadini svizzeri.

Loro sono nati in un'altro contesto e sono abituati a viverlo in questa maniera....... e la stessa cosa vale per noi italiani. Tutta questione di abitudini.......🫤

Fortunatamente non sono tutti così......

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Io sono stato in ferie in Svizzera e posso confermare che subito dopo la dogana, ci siamo fermati al primo Autogrill ma parliamo di un chilometro, vicinissimo all'Italia.

 

Posso dire che vicino a ogni entrata e porta scorrevole c'erano diversi cestini dove buttare i mozziconi di sigaretta, e quando arrivai a destinazione.. il solo buttare il mozzicone per terra mi faceva sentire altamente fuoriluogo. Noi non arriveremo mai a un rispetto simile.

 

 

Complimenti per l'articolo, e grazie per averlo condiviso con noi. 😊

Concordo con quello che hai scritto, e confermo anche su quello che avviene in Svizzera.

Purtroppo in Italia il concetto di rispetto per l'ambiente è abbastanza diverso da quello dei cittadini svizzeri.

Loro sono nati in un'altro contesto e sono abituati a viverlo in questa maniera....... e la stessa cosa vale per noi italiani. Tutta questione di abitudini.......🫤

Fortunatamente non sono tutti così......

 

Buon giorno,

 

bell'articolo e l'ho letto lentamente per capirne a fondo (o almeno ci ho provato) il messaggio.

Però per la Svizzera, bella da vedere e visitare e passarci le ferie ma non tutto è "lindo" come sembra e li considero veri "sporcaccioni" oltre che "ipocriti": quando vengono in Italia sono subito pronti a criticarne il governo, la politica, gli usi, lo stato di degrado, gli italiani, gli stranieri in Italia, ecc. ma non dimostrano certo un comportamento "ligio" e spesso sporcano più di chiunque altro con la scusa che noi lo facciamo d'abitudine (quando lo dicono mi offendo) e comunque nessuno li redarguisce (in questo hanno ragione...).

A questo punto occorre far notare che in Svizzera chi è povero o indigente o non assicurato non riceve neppure il minimo di assistenza sanitaria (la salute guarda caso in italia è un diritto inalienabile); anni fa imposero una tassa sui sacchetti per la raccolta dei rifiuti: gli anziani e quelli con il reddito più basso riutilizzavano questi sacchetti svuotandoli nei cestini dei parchi e non vi dico come erano i parchi ...

Oppure vogliamo ricordare Seveso e la ditta svizzera che era proprietaria della fabbrica ... è facile criticare e tenere pulito "il tuo orticello" quando le attività industriali le fai fuori dai tuoi confini ....

Il mio è uno sfogo, non lo nego, ma la Svizzera non è certo un esempio Green o Blue da seguire ... piuttosto Svezia o Norvegia a cui gli manca solo il nostro sole ....

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Avete proprio ragione.

Posso soltanto confermare quello che dicevate a proposito del rispetto per la natura di Svezia e Norvegia, perchè l'ho visto con i miei occhi.

Ho anche avuto l'occasione di vedere, per caso, una serra in cui venivano coltivati dei pinetti (tantissimi) che sarebbero serviti poi da piantare al posto degli alberi tagliati.

Nonostante si faccia molto uso di legna, la quantità di foreste della Scandinavia è veramente considerevole. 😊

 

P.S. In estate, quando vai in Scandinavia, per 2 mesi consecutivi, al di sopra del circolo polare artico, il sole non tramonta mai.......

Solo la temperatura è un po' più "freschina"..... 😊

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